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Dopo il successo ottenuto all’esordio, Grignani prova una strada alternativa, abbandonando lo stereotipo del “bello per teenagers”. Chitarre distorte, voce filtrata, Grignani qui dimostra un’ottima propensione a sonorità completamente diverse da quelle che lo avevano portato al successo.
“La fabbrica di plastica è un disco elettrico e a tratti duro, nel quale il velo della melodia, che pure resta il cuore delle canzoni di Grignani, viene strappato spesso da chitarre distorte e arrangiamenti “psichedelici”, nei quali i testi parlano spesso d’amore (Fanny), molto più spesso sono personali, legati alle esperienze degli ultimi anni (ed è il caso di Il mio peggior nemico, Rock star, ma anche di La vetrina del negozio di giocattoli o + famoso di Gesù)” (Ernesto Assante su Repubblica).
“Chitarre a profusione, chitarre cattive e aggressive, arrochite e lancinanti, dominano le canzoni elettriche, inquiete, irrispettose (« + famoso di Gesù») volte a dipingere una visione personale delle contraddizioni della vita, il rifiuto e la fuga del mondo artificiale, al pericolo dell’omologazione. Un disco nervoso, dall’anima melodica ma vestito di potenti e cupi riff. ” (Alessandro Rosa da La Stampa)
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